Sclerosi multipla: un destino ineluttabile?

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La SM è la malattia neurologica più frequente nella fascia d’età dai 20 ai 40 anni. Trattandosi di una patologia cronica, le persone che hanno appena ricevuto la diagnosi di SM sono assalite da numerosi interrogativi. E soprattutto i giovani, che di per sé devono già confrontarsi con molteplici cambiamenti e sfide, possono pensare che alcune situazioni siano insormontabili.

Quando si riceve la diagnosi di SM si è assaliti da sentimenti ed emozioni difficili da gestire. Domande esistenziali del tipo «Come progredirà la malattia?» o «Cosa mi riserva il futuro?» possono diventare un chiodo fisso per le persone colpite, per lo più ancora in giovane età. Spesso questi pensieri affollano la mente senza sosta, causano notti insonni e trasmettono un senso di impotenza. Ecco perché è fondamentale riordinare un po’ le idee.

Gestione delle crisi esistenziali

Una diagnosi di SM può causare profonde crisi esistenziali. In questi casi è importante non soffermarsi solo sulla diagnosi che scatena una crisi, ma piuttosto valutare le possibilità a nostra disposizione per superare le difficoltà. Parliamo dunque di risorse, che possono trovarsi non solo nel contesto sociale (ad esempio amici e famiglia) e nelle conoscenze disponibili sulla malattia, ma anche nel modo personale di affrontare le sfide, che risente del nostro vissuto.

Chiamati a confrontarsi con una situazione difficile, per prima cosa si valuta l’entità della minaccia e le risorse su cui contare per superare il momento critico. Con risorse sufficienti ed esperienze pregresse positive, la crisi può persino essere vista come una chance, mentre nella condizione contraria la situazione può essere percepita come un pericolo. In questi casi più che mai diventa importante sfruttare tutte le risorse disponibili per elaborare una strategia ottimale con cui affrontare la malattia.

Come progredirà la malattia?

Una volta formulata la diagnosi di SM, nessuno è in grado di prevedere con esattezza il decorso della malattia, se si ripresenterà con una recidiva o se i sintomi già esistenti regrediranno. Possono anche sorgere domande sul trattamento: si inizia a pensare agli effetti collaterali, alle limitazioni, ai cambiamenti nella quotidianità.

Questo insieme di pensieri e sensazioni può diventare talmente opprimente da provocare dapprima un rifiuto di tutto, come una sorta di meccanismo di protezione. Ciò che aiuta, invece, è affrontare la malattia e considerare i fatti con più attenzione. Il modo migliore per farlo è attingere a informazioni mirate e confrontarsi con un esperto di fiducia. Servirà a capire che non si è completamente alla mercé della malattia.

Riconoscere tempestivamente le limitazioni cognitive

Studi scientifici dimostrano che sono proprio i giovani a riprendersi più velocemente e meglio dagli attacchi di SM rispetto ai soggetti più anziani. Un fenomeno che si spiega con la neuroplasticità molto elevata tipica di questa età, ovvero con la capacità del nostro sistema nervoso centrale di adattarsi a eventuali danni o addirittura di ripararli.

È quindi fondamentale riconoscere per tempo i disturbi cognitivi, che interessano la nostra attenzione e memoria così come la nostra normale capacità di pensare. Bisogna individuarli prontamente, perché le capacità cognitive sono determinanti per ottenere risultati soddisfacenti in ambito formativo e professionale. Un trattamento mirato per le limitazioni cognitive può favorire la neuroplasticità e contrastare gli effetti negativi nel lungo termine.

Altri studi dimostrano come uno stile di vita sano accompagnato da un’alimentazione bilanciata, da attività fisica e mentale così come da buone relazioni sociali non solo favorisce il benessere, ma rinvigorisce tra l’altro anche le funzioni cognitive. In questo modo si può quindi migliorare la propria qualità di vita in misura significativa.

Trovare la terapia giusta

I farmaci attualmente disponibili per la SM sono in grado di ridurre significativamente la frequenza degli attacchi e l’avanzamento dei disturbi dovuti alla malattia. Tuttavia, considerate le numerose opzioni terapeutiche esistenti, è importante affidarsi a una guida competente nella «giungla dei medicinali», in modo da trovare una strategia ottimale per sé, in quanto il trattamento della SM è una questione individuale.

In questo caso si parla di «shared decision-making», un’espressione che indica la procedura con la quale medico curante e persona con SM individuano insieme il farmaco più adatto, tenendo conto delle peculiarità, dei desideri e delle condizioni individuali del paziente. Vale quindi la pena partecipare attivamente e parlare in modo aperto delle proprie esigenze con il medico.

Come sarà il futuro?

I giovani in particolare si trovano di fronte a compiti alquanto ardui una volta ricevuta la diagnosi di SM. Ciò dipende principalmente, ma non solo, dalla fase di vita in cui si trovano: aspetti come formazione e ricerca di un’occupazione, relazioni o indipendenza materiale sono argomenti di enorme importanza.

Non c’è dunque da meravigliarsi se una patologia cronica come la SM, che può comunque essere trattata con buoni risultati ma che accompagna una persona per tutta la sua esistenza, sia percepita per lo più come una minaccia, soprattutto in questa fase della vita. Inoltre, richiede una buona dose di energie proprio in un momento in cui si è appena iniziato ad acquisire consapevolezza dei propri mezzi e dei propri limiti e si cerca di esplorarli.

Contrastare l’affaticamento

In questa fase, la lotta con sintomi come la spossatezza è un ulteriore fardello. L’affaticamento (fatigue), un’anomala tendenza a stancarsi tipica della malattia, interessa circa tre quarti di tutte le persone con SM e ha conseguenze sia sulle capacità fisiche che su quelle mentali. A scuola, così come durante la formazione, possono manifestarsi problemi di attenzione e concentrazione, con un calo della resistenza.

Tante persone con SM cercano di alleviare la sensazione di stanchezza riducendo le attività fisiche e intellettuali. Nel lungo termine questa strategia può però portare a un effetto opposto, in quanto l’eccessiva limitazione delle attività può innescare una sorta di «adattamento al ribasso», con il manifestarsi di un senso di spossatezza addirittura maggiore durante lo svolgimento di determinate attività.

Anche in questo caso è utile affrontare l’argomento attivamente, perché attraverso esercizi guidati si può fare qualcosa per la propria qualità di vita. Dietro a parole chiave come gestione delle energie, igiene del sonno, allenamento graduato o digiuno intermittente si celano molte opportunità. È quindi opportuno definire un programma di trattamento su misura insieme a un esperto.

Non si deve accettare la SM come un destino ineluttabile

Riassumendo, vale il seguente principio: maggiore è il sostegno disponibile e migliori sono le informazioni, più è probabile riuscire a vedere e affrontare una situazione difficile come una sfida. Particolarmente importante è avere un approccio aperto verso la malattia e cercare il confronto con persone di fiducia ed esperti. Proprio questi ultimi possono aiutare a valutare meglio i trattamenti farmacologici così come le opzioni disponibili, per giungere a una decisione individuale e orientata al futuro insieme alla persona con SM. 

Testo: Prof. Dr. Pasquale Calabrese, Università di Basilea, membro del Consiglio medico-scientifico della Società svizzera SM