Intervista con Daniele Finzi Pasca

Insieme al suo gruppo, Daniele Finzi Pasca è l’ideatore e il direttore dello spettacolo della Festa dei vignaioli. In passato, il ticinese ha incantato l’intero pianeta con il Cirque du Soleil, due cerimonie olimpiche e numerose produzioni teatrali nonché liriche. Nella cornice dell'evento di Vevey, la Società SM ha intervistato quest'uomo cordiale e profondamente umano nel corso di una conferenza stampa dedicata all’invalidità.

Ci parli un po’ della sua carriera. Perché si è votato all’arte?
Sono cresciuto in una famiglia nella quale l’arte e la cultura rivestivano un ruolo molto importante. Mio padre era infatti un fotografo e anche mia madre era completamente immersa in questo mondo. È dunque naturale che mi sia indirizzato verso quell’ambito.

Come è capitato su questo progetto di dimensioni monumentali?
Sono stato contattato dalla Confraternita dei Vignaioli che ha sentito parlare dei progetti ai quali ho partecipato, come per esempio le cerimonie di apertura e di chiusura dei Giochi olimpici e paralimpici o il Cirque du Soleil. Immagino che siano rimasti colpiti.

Qual è il fattore più importante nella creazione di uno spettacolo?
Dipende dallo spettacolo. Non vi è un elemento singolo più importante di altri. A volte si tratta di una sfida da affrontare, dell’argomento, di persone con le quali si desidera lavorare, di un messaggio da trasmettere oppure di un legame personale con il progetto. Ogni spettacolo è unico nel suo genere e ogni volta vi sono aspetti che mi stanno particolarmente a cuore.

Ci può descrivere in poche parole la Festa dei vignaioli?
È una festa di dimensioni monumentali dedicata alla terra e al nostro rapporto con essa. Lo spettacolo e l’evento intero sono un’ode alla gioia. Durante alcune settimane, che coinvolgono una generazione intera, possiamo permetterci di essere un po’ folli.

Com’è lavorare con le attrici e gli attori figuranti?
È un vero piacere. E molto stimolante. A volte si è stanchi, ma ogni incontro con i figuranti ci dà la giust carica. È un’atmosfera colma di entusiasmo, leggerezza e curiosità. Sono molto affezionato a loro.

Ha un quadro o una compagnia preferita?
No. Col passar del tempo amo ogni scena, dalla forza del movimento e l’emozione delle grandi compagnie alla prodezza di quelle più piccole. Col tempo mi sono affezionato anche alle compagnie della tradizione, le quali non sono totalmente nate dalla nostra immaginazione.

Che ruolo svolge l’invalidità nello spettacolo?
Non esiste un «ruolo» predefinito per l’invalidità. Ognuno ha il suo posto. Non ci siamo posti domande in merito a questo argomento. Ogni individuo si è iscritto con i suoi punti forti e deboli e noi ci siamo adeguati in base alle caratteristiche specifiche e alle capacità di ogni singola persona. Abbiamo tutti dei limiti, handicap o meno, e se avremo la fortuna di invecchiare saremo confrontati sempre più con delle difficoltà. Ci assicuriamo quindi di creare dei gruppi meno esigenti in modo che le persone anziane o con mobilità ridotta, le quali fanno fatica a salire le scale, possano rimanere su un livello piano. L’idea è anche quella di sfruttare i punti forti di tutti e siamo molto fortunati di poter lavorare con dei ginnasti del gruppo Sport-up e di aver potuto creare un quadro formato da questi giovani molto abili, i quali partecipano a questo progetto da oltre un anno.

Ci parli un po’ del personaggio della messaggera.
La Società si deve porre alcune domande e adattare lo spazio affinché tutti possano accedere alla vita pubblica. Quando abbiamo iniziato i lavori, l’immagine trasmessa dal messaggero «zoppo» non era più soddisfacente. Vogliamo infatti trasformarla in qualcosa di più positivo, che si distacchi da questa tradizione, catapultando il personaggio in un’altra dimensione e posizionando in primo piano la persona e non la sua disabilità. Siamo dunque andati alla ricerca di una persona in grado di impersonare questo ruolo e abbiamo trovato Sofia. Oggi il personaggio non è più zoppo ma si tratta di una messaggera carismatica e forte. Il messaggero zoppo non è scomparso dalla festa, ma si è trasformato e divulga ora un messaggio positivo d’inclusione.

Per Lei includere nello spettacolo persone con disabilità era un punto importante? Perché?
È un argomento che è stato intavolato sin dall’inizio e che per me rappresenta un fattore essenziale. Fa parte del mio modo di lavorare. Per esempio un’artista affetta dalla sindrome di Down ha fatto parte della mia troupe per quattro anni. Ho anche avuto l’occasione di collaborare con una cantante d’opera che ha perso l’udito e che è riuscita a continuare a lavorare grazie alle vibrazioni. A volte la disabilità svela facoltà meravigliose che consentono di continuare a trovare un equilibrio. La magia può nascondersi dentro ogni persona.

Ha un rapporto personale con la disabilità o la malattia? Quando ero ancora un bambino mio padre subì un trauma cranico. Questo incidente l’ha cambiato molto. In modo impercettibile dall’esterno. Ha sofferto di disturbi cognitivi. Ma siccome è successo oltre 40 anni fa, nessuno ci ha accompagnato durante questa sfida. Abbiamo fatto finta di nulla ed è tornato a lavorare nonostante le conseguenze dell’incidente. Ciò ha gravemente ridotto la qualità della sua vita e oggi, grazie ai consigli delle associazioni come la vostra, mi rendo conto che le persone che si trovano a dover affrontare una sfida del genere possono prevedere meglio il futuro e fare le scelte giuste. Un aspetto davvero prezioso.