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Volti della SM: Matteo Friedrich

Volti della SM

Mi chiamo Matteo e ho 47 anni. Sono affetto da sclerosi multipla dal 2004. Lavoro per la Posta, sono responsabile del magazzino e dei mezzi che abbiamo a disposizione.

Che cosa significa per lei la SM?
Aver la SM per me vuol dire essere condizionato, limitato. Devo stare attento a non fare troppo, ma comunque mi piace tenermi attivo. Sono una persona dinamica, a cui piace fare attività fisica nel tempo libero, come per esempio andare in bicicletta o fare passeggiate lungo il Cassarate.
Non parlo volentieri della mia malattia con le altre persone, specialmente con chi non mi conosce bene, perché non voglio essere compatito o giudicato. Anche sul posto di lavoro, con i colleghi o i miei superiori non ne parlo. Credo che una malattia ti metta in situazioni sgradevoli e a volte non facili da sostenere. Secondo me è importante non farsi sopraffare dalla malattia. La malattia non deve definirci come persone. Malgrado la mia disabilità, non devo essere un problema, bensì una risorsa.

Come e a che età le è stata diagnosticata la SM?
Lavoravo per il ritiro e la distribuzione dei pacchi in Posta. Ad un certo punto ho cominciato ad avere giramenti di testa e stanchezza. Mi sentivo pesante, come se avessi avuto un sacco pieno di pietre sulle spalle. Grazie al Gruppo regionale Sottoceneri – di cui facevo parte come volontario dal 2003 perché il nonno di mia moglie aveva la SM – e ai contatti con le altre persone con SM, ho capito subito che poteva trattarsi di SM. Così l’ho detto al mio medico di base, che mi ha mandato da un neurologo. Ho fatto degli esami ed è arrivata la diagnosi. Era il 2004. Da quando ho avuto i primi sintomi al momento della diagnosi è passato poco tempo, qualche settimana.

Qual è stato il suo primo pensiero dopo la diagnosi di SM?
Inizialmente mi è cascato il mondo addosso. Anche perché conoscevo già la malattia, i suoi effetti e il suo progredire. All’inizio l’ho vissuta come una punizione. Mi chiedevo: «Ho la SM perché faccio il volontario per i Gruppi regionali?». È stata dura da metabolizzare.

Qual è la situazione sul posto di lavoro?
Quando ho ricevuto la diagnosi nel 2004 ho dovuto comunicarlo subito ai miei superiori. Sapevo che avrei dovuto cambiare lavoro. Mi piaceva il mio lavoro, ci tenevo a rimanere in Posta. Allora lavoravo al 100%. Poi sono subentrati un sacco di problemi. È stato un iter lungo e a volte anche demotivante. Esternamente sembrava fossi sano, non avevo problemi motori né visivi. Questo è il problema con la SM, purtroppo ancora oggi molta gente non sa quali siano i vari sintomi. Ho dovuto dimostrare il mio valore, che ce la facevo a lavorare. Ho dovuto combattere per ottenere un nuovo posto di lavoro. L’AI non mi ha sostenuto. Nel mio caso il sintomo più invalidante è la spossatezza (fatigue). Questo mi porta a lavorare bene di mattina e a essere più stanco nel pomeriggio. Per fortuna il mio ex superiore mi ha aiutato a trovare un altro posto di lavoro, sempre per la Posta, mi ha aiutato a far capire che avrei potuto ricoprire un ruolo diverso all’interno dell’azienda, in seguito a una riqualifica professionale. Grazie alle mie conoscenze e alla mia forza d’animo ho fatto valere i miei diritti.
Ci sono ancora troppi pregiudizi. Io non sono uno che si piange addosso… In passato ho cercato di far capire che ho una patologia con dei sintomi, anche invalidanti, ma posso ancora lavorare e fare la mia parte. Per esempio è capitato che ho portato al mio superiore dei prospetti che spiegassero cosa fosse la SM e quali fossero i vari sintomi. Trovo triste che le persone con una patologia debbano arrivare a nascondere tutto per paura dei problemi che potrebbero insorgere. All’inizio mi sono sentito penalizzato, ma oggi sono contento del risultato che ho ottenuto.

Quali sono i sintomi che la preoccupano di più? Dove i sintomi interferiscono con la vita quotidiana e in che modo la SM influisce sulla qualità di vita?
Mi spaventa la disabilità che la SM può portare. Il fatto di non poter più camminare un giorno, non essere più indipendente. La mancanza di equilibrio e la crescente stanchezza. Sono una persona molto indipendente, sono andato a vivere da solo a soli 17 anni, quindi sono una persona che bada a sé stesso da sempre.

Come gestisce la sua vita privata, la famiglia e gli amici in relazione alla malattia?
Per fortuna ora riesco a gestire bene la mia quotidianità. Lavoro al 50%. Non ho grandi disabilità, a parte la stanchezza che subentra nel pomeriggio. A casa mi piace essere utile, aiutare mia moglie. Aiuto in cucina, mi occupo delle faccende domestiche e poi mi piace fare attività fisica.

Cosa le dà speranza per quanto riguarda la SM?
La forza di andare avanti, di combattere. Questa forza la trovo in me stesso. E poi la ricerca, che per fortuna sta facendo passi da gigante.

Qual è il suo motto?
Forza e coraggio, andare sempre avanti.

Qual è il suo rapporto con la Società svizzera SM?
Prima ho conosciuto i Gruppi regionali come volontario e poi la Società SM. Trovo che negli anni la Società SM abbia assunto un ruolo più importante e sia riuscita ad aiutare tante persone. Quando ho fatto richiesta dell’AI non mi sono rivolto alla Società SM. Sono una persona a cui non piace chiedere aiuto, che si arrangia sempre da solo. Però sapere che in caso di bisogno c’è qualcuno che è in grado di sostenermi, mi aiuta.

Che significato ha per te l’hashtag inSiemesiaMopiùforti?
L’unione fa la forza. Una persona con SM deve sentirsi parte della società. È importante, però, sensibilizzare la società, informare l’opinione pubblica sulla SM. Anche le persone colpite hanno i loro diritti. Io sono una persona a cui non piace chiedere aiuto, però vorrei essere d’aiuto a chi, come me, ha dovuto penare per ricevere una rendita AI e per essere riqualificato sul lavoro.


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